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Vittorio Barbieri racconta i vini di Podere Casale

Quando Nicolas Rigamonti mi ha chiesto di scrivere dei vini di Podere Casale, cioè di assaggiarli e di recensirli, implicitamente di giudicarli, mi sono sentito vagamente in difficoltà. Perché? Io e Nicolas ci siamo conosciuti tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni ’00, tra la preparazione della mia tesi di laurea e l’inizio della collaborazione con Slow Food, quando iniziavo ad entrare nel mondo del vino come degustatore. Poi, nel corso degli anni, sono cambiate un po’ di cose e dal 2013, smessi i panni del degustatore, ho iniziato a produrre vino. Sono passato dall’altra parte della barricata.

Difficile allora, da produttore (e ancor più difficile da produttore-ex degustatore di Guide) giudicare i vini e quindi le scelte, il lavoro, la vita di un altro produttore.

Tuttavia ci proverò, in modo semplice, raccontando questi quattro vini di Podere Casale (i più rappresentativi tra quelli prodotti da Nicolas e dai suoi collaboratori) che ho degustato, ma sarebbe meglio dire “bevuto”, alla tavola quotidiana di casa mia. Anche per questo troverete i vini elencati in un ipotetico ordine di servizio a tavola, dal più semplice al più complesso, per terminare con il vino dolce Passito.

 

ORTRUGO FRIZZANTE 2015

Riappoggiando il bicchiere vuoto sul tavolo, viene in mente una serie di aggettivi che evocano la facilità di beva di questo vino: gentile, sottile, leggero. Al naso note floreali e delicatamente vegetali sono le prime ad emergere, insieme a toni di mela, a confermare il carattere di vino da aperitivo, da merenda, in ogni caso da bevuta senza troppi pensieri, meglio se accompagnata da un buon fritto di pesce o da una frittata alle zucchine; poi sullo sfondo anche tenui sensazioni minerali di sassi e ciottoli, a completare un quadro semplice ma non troppo.

Anche la bocca, gradevole, nel complesso è semplice, ma, oltre alla vena morbida iniziale, spunta un’onda acido-sapida che la ravviva e la articola, equilibrandone la struttura e rendendola essenziale.

 

GUTTURNIO FRIZZANTE 2015

Un peso medio che al naso, lì per lì un po’ ombroso, necessita di lieve ossigenazione per far uscire il frutto e i sentori floreali di viola inizialmente nascosti. In bocca poi fila via scorrevole e lineare, né troppo morbido, né troppo aggressivo, alcol giusto, bollicine ben presenti ma non troppo invadenti. Ripulisce e rinfresca il palato, ottimo compagno di saporiti e grassi pasti a base di ricette locali ed emiliane in genere, come i piacentini anolini (sia quelli ripieni di stracotto, sia quelli con Grana o Parmigiano) in brodo di carne.

La retro etichetta consiglia di berlo a 19° di temperatura, a me piace fresco di cantina o dopo dieci minuti di frigo (circa 15°).

 

GUTTURNIO SUPERIORE 2013

In generale, tra le tante tipologie di Gutturnio esistenti in provincia, il Gutturnio Superiore è quella che, negli esemplari migliori, riesce ad esprimere complessità e dinamismo senza appesantimenti da legno o da sovramaturazioni e per questo è la tipologia che tendenzialmente preferisco, o almeno quella che mi incuriosisce e mi stimola di più. Credo che da qui possano venire le cose più interessanti sul tema Gutturnio. Bene, quello di Podere Casale come si comporta?

Al naso emerge inizialmente un carattere fruttato maturo, con note di confettura di mora e prugna, che lascia poi spazio a sensazioni di sottobosco. Il palato attacca morbido e avvolgente, pieno, ma quando temi che tutto si risolva in uno sviluppo placido o, peggio, molle, s’innescano il tannino della croatina e l’acidità della barbera che afferrano il vino e lo spingono verso un finale sicuro e compatto. Da servire a circa 17° di temperatura e da provare con un’anatra arrosto alle prugne.

 

MALVASIA PASSITO 2012

La malvasia di Candia aromatica è un grande vitigno, il tesoro nascosto della viticoltura piacentina, da capire e interpretare (quindi non così semplice da gestire) ma capace di dare grandi risultati sia sui vini fermi secchi, sia sui vini Passiti dolci.

Tra i vari metodi di appassimento Podere Casale sceglie la vendemmia tardiva, quindi l’appassimento in vigna, per un vino che tira fuori il lato più caloroso e mediterraneo del vitigno, come se sotto il sole delle nostre colline la malvasia ritrovasse la sua lontana origina greca.  Come se sui colli piacentini, a due passi dal cuore delle nebbie padane, Piacenza si rivelasse novella Pantelleria.

Profumi di confettura di albicocca, di pesca e di susina gialla, poi toni vanigliati e leggermente balsamici, sfumature floreali di lavanda ed erbe aromatiche. Denso e grasso, sembra quasi sfiorare l’opulenza, ma si ferma un attimo prima di caderci per trovare armonia e senso della misura nel finale.

Comunque sia, per non aggiungere dolce al dolce con il rischio di ritrovarsi il palato appesantito dagli zuccheri, eviterei accostamenti gastronomici con dessert e lo proverei senza abbinamento, da solo, oppure con formaggi a latte crudo stagionati o erborinati, servito fresco di cantina e comunque a 14°-15° di temperatura.

 

 

Vittorio Barbieri

Vittorio Barbieri, piacentino, classe 1973, ex formatore professionale ed ex degustatore per Slow Food, dal 2012 scrive per FOOD Editore e dal 2013 produce vino nei Colli Piacentini presso l’azienda biologica Cascinotta di Rizzolo.

 

 

 

 

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