La più completa guida al Gutturnio, il più importante vino di Piacenza. Tutto quello che c’è da sapere: storia, composizione, caratteristiche, abbinamenti, curiosità e molto altro ancora.
Il Gutturnio è uno dei primi dieci vini italiani ad aver ottenuto la denominazione di origine controllata (DOC) nel lontano 1967. Viene prodotto nel piacentino ed è il più importante e conosciuto tra i vini della provincia di Piacenza.
Indice degli argomenti:
- Gutturnio: definizione e composizione
- Caratteristiche al consumo
- Storia del Gutturnio
- Origine del nome
- Premio internazionale Gutturnium
- Tecniche di vinificazione
- Caratteristiche organolettiche
- Abbinamenti
- Temperatura di servizio
- Effetti benefici
- Festival e sagre
- Personaggi famosi legati al Gutturnio ed ai vini piacentini
- Il Gutturnio e l’arte: letteratura, musica e pittura
- Altre curiosità sul Gutturnio
- Quanto costa il Gutturnio?
- Qual’è il Gutturnio migliore?
Gutturnio: definizione e composizione
Il Gutturnio è un assemblaggio (uvaggio), di uve Barbera (dal 55% al 70%) e Croatina (dal 30% al 45%), localmente detta Bonarda.
Esistono le seguenti differenti tipologie di Gutturnio:
- Gutturnio frizzante
- Gutturnio Superiore
- Gutturnio Classico Superiore
- Gutturnio Riserva
- Gutturnio Classico Riserva
Il disciplinare di produzione per i vini a denominazione di origine controllata Gutturnio, circoscrive la produzione delle uve che possono essere destinate alla sua realizzazione in diversi comprensori. Essi ricomprendono totalmente il territorio collinare del comune di Ziano Piacentino ed il territorio collinare parziale dei comuni di: Agazzano, Alseno, Borgonovo Val Tidone, Carpaneto, Castell’Arquato, Castel San Giovanni, Gazzola, Gropparello, Lugagnano, Nibbiano, Pianello Val Tidone, Piozzano, Ponte dell’Olio, Rivergaro, San Giorgio Piacentino, Vigolzone, Vernasca.
Sono considerati idonei alla produzione di Gutturnio unicamente i vigneti ubicati in zona collinare, bene esposti, su terreni argillosi o di natura calcarea, ciottolosi e ghiaiosi. Non sono considerati idonei i vigneti posti al di sopra dei 350 metri di altitudine, fatte salvo le deroghe per particolari appezzamenti ben esposti e molto vocati.
Il Gutturnio Superiore ed il Gutturnio Classico Superiore possono essere immessi al consumo solo in bottiglie di vetro di tipo bordolese e solo dopo il primo aprile dell’annata successiva a quella della vendemmia.
Il Gutturnio Riserva ed il Gutturnio Classico Riserva possono essere immessi al consumo solo in bottiglie di vetro di tipo bordolese e dopo almeno ventiquattro mesi di invecchiamento ed affinamento, di cui almeno sei in legno.
Per tutte le tipologie è obbligatorio indicare in etichetta l’annata di produzione delle uve.
Caratteristiche al consumo
I vini a denominazione di origine controllata “Gutturnio” devono sottostare ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione e all’atto della immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
Gutturnio frizzante
colore: rosso rubino brillante di varia intensità;
odore : vinoso, caratteristico;
sapore: fresco, giovane,
residuo zuccherino massimo: 17 gr/lt.
Spuma: evanescente
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l ;
estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l
.
Gutturnio superiore e Gutturnio Classico superiore
colore: rosso rubino intenso;
odore : caratteristico;
sapore: secco, tranquillo, fine, di corpo;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50 % vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo : 24,0 g/l.
Gutturnio riserva e Gutturnio Classico Riserva
colore: rosso rubino intenso su fondo granata;
odore : gradevole;
sapore: secco, tranquillo, armonico, di corpo;
titolo alcolometrico volumico totale minimo svolto: 13,00 % vol.;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo : 24,0 g/l.
Il disciplinare stabilisce in modo chiaro e categorico quali sono le caratteristiche del Gutturnio in tutte le sue tipologie. In particolare viene espressamente precisato che il Gutturnio, sia esso frizzante, fermo superiore o riserva, deve avere colore rosso. Ne consegue che il Gutturnio bianco non può esistere, così come l’eventuale composizione di Barbera e Bonarda vinificate in bianco non può assumere il nome Gutturnio.
Storia del Gutturnio
La prima menzione storicamente accertata del vitigno Barbera appare in un documento del 1798 relativo ad un censimento dei vitigni coltivati in Piemonte. Altri elementi ed indizi permettono tuttavia di ipotizzare una sua diffusione nella stessa regione e nelle area vicine già a partire dal 1400 al pari di altri vitigni caratteristici della regione come Nebbiolo, Dolcetto e Freisa. La coltivazione del Barbera nelle colline del piacentino è documentata a partire dalla seconda metà del 1800.
La Croatina era invece probabilmente coltivata già in epoca medioevale, ma solo documenti più recenti, come il Bollettino Ampelografico della provincia di Novara del 1875, ne accertano l’esistenza con descrizione e dovizie di particolari. Nel piacentino la coltivazione del vitigno Croatina si diffonde durante gli anni trenta del novecento, dopo una soddisfacente sperimentazione operata all’inizio del secolo e dopo che il flagello della fillossera era stato arginato attraverso l’utilizzo di porta innesti americani resistenti ai morsi del terribile fitofago.
L’enologo Mario Prati nel 1938 propose di chiamare Gutturnio il felice connubio derivante dall’unione dei vini vinificati da uve Barbera e Croatina, al fine di bilanciare le spigolose acidità della Barbera con i tannini più morbidi e rotondi della Croatina.
Nel 1941 il Ministero dell’Agricoltura pubblicò una lista dei vini tipici e di pregio includendovi il Gutturnio, che da un paio di anni veniva utilizzato sulle etichette di una Azienda produttrice di questo vino sita nel comune di Ziano Piacentino. Come già detto in precedenza, la denominazione di origine controllata fu riconosciuta, tra le prime in Italia, già nel 1967.
Forse non è possibile ricostruire con maggior precisione la storia dei vitigni dai quali si ottiene il Gutturnio ai nostri giorni, in compenso sappiamo che la vite da vino, la Vitis Vinifera, era coltivata nelle zone del piacentino sin dai tempi degli antichi Romani.
Piacenza fu fondata dai legionari di Roma nel 218 a.c. come avamposto militare con funzioni di controllo sulle terre circostanti e di difesa nel contesto della seconda Guerra Punica. Proprio nel dicembre di quell’anno l’esercito romano patì una storica sconfitta inflitta dai cartaginesi guidati da Annibale nella celebre battaglia del Trebbia.
La dieta mediterranea del soldato romano comprendeva il consumo giornaliero di un litro di vino, all’epoca considerato un vero e proprio alimento. Sin da subito i romani iniziarono dunque la coltivazione della vite da vino in tutta la provincia e specialmente sulle colline, da sempre maggiormente vocate alla produzione enologica. Gli antichi romani amavano bere il vino migliore al termine dei banchetti, dopo averlo versato in calici, boccali e piccole anfore che i commensali si passavano di mano in mano sorseggiandolo a turni in segno propiziatorio.
Vi è abbondanza di reperti archeologici che lo testimoniano ed anche documenti scritti ritrovati un po’ ovunque entro i confini dell’Impero, da Roma a Piacenza sino all’Anatolia in Turchia e in altre remote province.
Come la Tabula Alimentaria Traianea, il maggior documento epigrafico bronzeo dell’antichità romana. Ritrovata nel 1763 nel sito archeologico di Veleia a soli 35 km da Piacenza, fa menzione in più parti delle caratteristiche dei vini prodotti localmente così come sono riportati i dati sui prodotti della terra coltivati.
Cicerone nella oratoria “In Pisonem” accusa il Console Lucio Calpurnio Pisone, di origini piacentine e suocero di Giulio Cesare, di apprezzare in modo eccessivo il vino prodotto a Piacenza.
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la conservazione della viticoltura piacentina fu garantita dall’opera meritoria dei Monaci di San Colombano che fecero del famoso monastero di Bobbio fondato dal Santo un centro monastico di primaria importanza per tutto il Medioevo.
Da allora e fino ai giorni nostri la coltivazione della vite e la produzione di vino è proseguita senza soste e con ragguardevoli risultati in tutto il territorio di Piacenza e della sua provincia. Come vedremo più avanti il vino piacentino ha saputo conquistare nei secoli il cuore ed il palato di molti personaggi illustri ivi compresi re, papi e grandi artisti, ed il Gutturnio si è così guadagnato un posto d’onore nella storia del vino.
Origine del nome Gutturnio
Agli antichi Romani è anche legata l’origine del nome Gutturnio, derivato dal latino Gutturnium termine con il quale si identifica un boccale di vino in argento decorato con figure romboidali sbalzate e finemente cesellate. A proporre di traslare il nome del contenitore al contenuto, fu nel 1938 l’enologo Mario Prati, Direttore del Consorzio Provinciale per la Viticoltura.
Controversa risulta però essere la storia del ritrovamento del vaso di cui sopra, a cui fu dato il nome di Gutturnium.
Sono due le ricostruzioni principali.
Giovanni Battista Vecchia, nel suo saggio “Vite e vino a Veleia: storia della vite e del vino a Veleia” sostiene che il Gutturnium sia una grande coppa della capacità di circa due litri ritrovata durante gli scavi di Veleia Romana.
Annamaria Carini, sul “Bollettino storico piacentino” fascicolo 1° Gennaio-Giugno 2016” identifica il Gutturnium con un piccolo vaso metallico pescato sulla sponda piacentina del Po a Croce S. Spirito (Castelvetro) di fronte a Cremona il 23 maggio del 1878.
A supporto della tesi del ritrovamento durante gli scavi di Veleia, Giovanni Battista Vecchia, dopo aver documentato lo stretto legame di Veleia romana con la coltivazione della vite e la produzione di vino, cita in particolare quattro pubblicazioni.
- “Escursione per Val di Nure” di Antonio Bonora pubblicato a Piacenza nel 1881 dove si legge: “le cene dei romani si chiudevano col Gutturnium, ampio vaso di cui un esemplare fu trovato nel 1878 vicino a Piacenza. Questo Gutturnium è una gran coppa d’argento capace di due litri di vino, ad una sola ansa con figure sbalzate ed a cesello con arte pura; il corpo di esso è tutto lavorato a piccoli sbalzi e romboidi, finissimamente graniti e di un effetto singolare”.
- “Piacenza a Tavola” di Aldo Ambrogio 1938 che ripropone una descrizione identica a quella del Bonora
- “I vini piacentini” di Mario Fregoni e Mario Prati pubblicato nel 1967 a pag. 570 “…detta coppa fu rinvenuta nel 1878 in uno scavo archeologico a Velleja Romana”.
- “Piacenza terra di vini” pubblicato nel 1996 a cura del Consorzio vini Doc deli Colli Piacentini dove si legge di un “bel vaso metallico decorato a sbalzi con tralci di vite e grappoli d’uva, dissepolto a Veleia nel 1760”
Secondo la tesi di Vecchia le fonti citate sarebbero dunque concordi nell’identificare il Gutturnium in una grande coppa della capacità di due litri ritrovata a Veleia.
Vediamo ora la storia del Gutturnium affiorato nel 1878 dalle sabbie del Po nei pressi di Croce Santo Spirito e ricostruita da Anna Maria Carini.
Il 23 maggio 1878 Giovanni Premoli, mentre stava pescando sulla sponda piacentina del Po, nei pressi di Croce Santo Spirito, rinvenne impigliato nelle sue reti un “oggetto quasi rotondo, di color ghisa infuocata, bianchiccio agli orli e luccicante”.
Qualche giorno dopo vendette il manufatto così ritrovato ad un orafo di Cremona, Antonio Corsico, per 90 lire, e questo a sua volta lo rivendette per 2000 lire ai signori Rizzi suoi concittadini.
Francesco Robolotti e don Francesco Pizzi, dopo aver esaminato il reperto, lo classificarono come “opera dei migliori tempi dell’arte romana” ed inviarono a Roma il 25 giugno 1878 una minuziosa e circostanziata descrizione del manufatto che denomina Aryballos, segnalandone le misure (altezza cm 9,3 diametro max cm 11) la capacità (cc 550) il peso (g, 500 ca.) il titolo dell’argento (950), la decorazione del corpo (maglia a rombi incusi)
Antonio Bonora, ispettore per la conservazione degli oggetti d’antichità della città di Piacenza, che si era recato nella vicina Cremona per vedere il prezioso oggetto e possibilmente riportarlo a Piacenza, lo consegnava alla storia descrivendolo come un vaso d’argento “lavorato finissimamente”
Tra il 1878 e il 1881 del cimelio si perdono le tracce. Secondo il Bonora fu inviato al Museo Nazionale di Roma per esservi esposto, mentre nell’indice de Il primo bollettino del Museo Pubblico iniziato in Cremona si legge: “il Museo di Cremona si arricchisce: invece del magnifico ariballo d’argento, che andò venduto all’estero, acquista in dono e ripone nei propri scaffali almeno per ricordarsene una Fotografia”. Sull’ipotesi del trasferimento a Roma permangono molti dubbi: invano fu cercato da diversi ricercatori, ivi compresa in ultimo la Carini, ma tutti con esito negativo. Inoltre il Museo Nazionale di Roma a cui il Bonora afferma di aver inviato il Gutturnium, all’epoca non era ancora stato fondato. Sembrerebbe per tanto più verosimile quanto attestato dal Museo di Cremona, ovvero che l’aryballos (così fu denominato da don Pizzi) sia stato venduto all’estero.
Successivamente, Aldo Ambrogio cercò di ricreare l’antico vaso basandosi sulle descrizioni del Bonora. Ne nacquero così alcuni esemplari di ceramica che ebbero una certa diffusione.
Me è soltanto da quando presso l’archivio del Museo di Cremona furono rinvenute due rarissime fotografie dell’originale ripescato nel Po, che l’orafo cesellatore Cesare Morisi di Piacenza è riuscito a riprodurre copie in argento del “Gutturnium” fedeli all’originale per forma, misure e peso, basandosi sulla documentazione fotografica oltre che sulla precisissima descrizione lasciata da don Pizzi.
Secondo quanto ricostruito da Anna Maria Carini quindi, il Gutturnium pescato nel Po era un Aryballos di piccole dimensioni e della capacità di solo mezzo litro.
Esistono dunque due differenti Gutturnium? Uno di piccole dimensioni affiorato dalle acque del Po, e un altro più grande, della capacità di due litri, trovato durante degli scavi a Veleia?
Secondo Anna Maria Carini no. Il Gutturnium sarebbe uno solo, quello pescato nel 1878 nel Po.
Per dimostrare la sua tesi, Anna Maria Carini prende in esame le testimonianze scritte lasciate da Antonio Bonora in due specifici documenti.
- “Escursione per Val Nure in Tramvia” Piacenza, 1881 dove descrive un Gutturnium ritrovato nelle vicinanze di Piacenza
- “Un’ara romana a Piacenza” articolo pubblicato su Libertà il 25 luglio 1888 dove localizza nell’alveo del Po il ritrovamento che esaminò a Cremona nel 1878
Secondo la Carini, il Bonora parla in entrambi i documenti del medesimo ritrovamento, che in “Escursione per Val Nure” a pag 95 descrive esattamente in questi termini: “una gran coppa d’argento, capace di due litri di vino, ad una sola ansa lavorata con figure sbalzate e a cesello con arte pura ed elegante; il corpo di esso è lavorato a piccoli sbalzi e romboidi, finissimamente graniti e di un effetto singolare. Al chiudersi della cena il Gutturnium era riempito di vino prelibato che, sorseggiato prima dal padrone (Rex convivi) si passava di mano in mano tra i convitati”.
Questo documento è lo stesso citato da Giovanni Battista Vecchia. Se la fonte più antica a noi nota dove viene menzionato il Gutturnium è quindi la medesima, diverse ne sono però le interpretazioni.
Per Vecchia si tratta di una grande coppa della capacità di due litri trovata vicino a Piacenza e secondo fonti successive a Veleia.
Per la Carini, il Bonora descrive l’Aryballos pescato nel Po nello stesso 1878 e descritto anche da don Pizzi (coppa in argento decorata a rombi incusi) ma quadruplicandone la capacità e ingrandendone le dimensioni.
Sempre secondo Anna Maria Carini “l’inattendibile testimonianza di Bonora diventerà la fonte principale, anzi esclusiva, di tutti coloro che in seguito si occuperanno del vaso d’argento restituito dal Po. La sua genericità darà luogo a indebite e immotivate precisazioni sul luogo di rinvenimento che in alcune pubblicazioni verrà indicato addirittura come Veleia”
Secondo Vecchia, al contrario, il Gutturnium descritto da Bonora nel 1881 non è quello pescato nel Po nel 1878, ma un altro, diverso, più grande, sempre in argento e ritrovato sempre nel 1878 in luogo imprecisato vicino a Piacenza.
Per Giovanni Battista Vecchia inoltre, l’aryballo pescato nel Po non è stato “dissepolto” nel territorio piacentino ma è stato “pescato” durante una grande piena del grande fiume.
A suo avviso quindi, i fautori dell’Aryballo del Po come vaso Gutturnium non hanno considerato quanto scritto da Francesco Pizzi in “L’Aryballo pescato in Po” articolo pubblicato sull’edizione del 1 settembre 1878 n 69 della raccolta del “Giornale degli interessi cremonesi anni 1877, 1878, 1879, 1880: “E’ un Aryballo regalato dalla corrente del Po ai cremonesi (…) pescato nella grande corrente (…) rapinato dal Po, non si sa dietro quali rovine, e dal Po generosamente uncinato dalla rete di un pescatore”.
Nel volume “Vite e vino a Veleia storia della vite e del vino a Veleia Romana”, Giovanni Battista Vecchia a questo proposito ha scritto: “Sappiamo che il Po inizia dal Monviso, attraversa Torino, passa per zone già abitate dai romani e già famose, ed ancora oggi conosciute per la produzione dell’uva e del vino (l’Astigiano, l’Alessandrino, il Monferrato, l’Oltrepò Pavese) e passa tra Piacenza e Cremona. Da dove sarà arrivato l’Aryballo? Non si sa e nessuno lo ha spiegato”.
Conclusioni
Allo stato attuale delle ricerche non sapremmo dire chi ha ragione.
Il ritrovamento dell’Aryballo restituito dal Po è molto documentato e ne esiste anche una fotografia. Non ne conosciamo però la provenienza e certamente non era una “gran coppa” della capacità di due litri. Inoltre se poteva essere utilizzato per contenere e mescere dei liquidi, sarebbe stato però scomodo e poco pratico, per via della sua forma, utilizzarlo come un boccale dal quale bere direttamente.
D’altra parte sino ad ora non sono stati trovati altri riscontri che confermino l’esistenza di un boccale d’argento della capacità di due litri rinvenuto nel 1878 vicino a Piacenza o a Veleia. Tutte le pubblicazioni che ne parlano fanno infatti riferimento a quanto scritto dal Bonora nel 1881, ma senza aggiungere altre prove documentali.
Premio internazionale Gutturnium
Nel 1987 il Consorzio di Tutela dei vini D.O.C. dei Colli Piacentini istituì il premio Gutturnium e da allora fino al 2010 una copia numerata della riproduzione in argento realizzata da Cesare Morisi è stata consegnata ad una personalità distintasi per meriti nel settore enologico o più genericamente per la sua indiscussa professionalità. Di seguito la storia e l’elenco dei vincitori del premio nei diversi anni.
1987: PROF. MARIO FREGONI
1988: DOTT. PINO KHAIL
1989: SEN. PAOLO DESANA
1990: ON. FERRUCCIO PISONI
1991: DOTT. LUIGI VERONELLI
1992: DOTT. ALBERTO P. SCHIEPPATI
1993: CAV. LAV. EZIO RIVELLA
1994: RAIMONDO VIANELLO
1995: CLAUDIO LIPPI
1996: ENZO JANNACCI
1997/98: FILIPPO E SIMONE INZAGHI
1999/2000: DOTT. GIACOMO TACHIS
2001: DOTT. ALBERTO ZACCONE
2003: PROF. GIORGIO CALABRESE
2007: DANIELE CERNILLI
2010: PIPPO BAUDO
Gutturnio: tecniche di vinificazione
Le tecniche di vinificazione adottate per la realizzazione del Gutturnio possono variare sensibilmente, soprattutto in funzione della tipologia che si intende realizzare.
Per il Gutturnio frizzante si tende a privilegiare rimontaggi frequenti e di breve durata per estrarre colore e tannino in modo adeguato, soprattutto nel caso delle uve barbera ricche di polifenoli ed acidità fissa.
Per la presa di spuma è largamente diffuso il metodo Martinotti attraverso l’utilizzo di autoclavi, anche se negli ultimi anni alcuni piccoli produttori stanno sperimentando con risultati apprezzabili rifermentazioni naturali in bottiglia, come del resto veniva già fatto prima dell’introduzione delle moderne tecnologie di cantina.
Per il Gutturnio Superiore le variabili produttive aumentano in funzione delle scelte dei singoli produttori che possono invecchiare il vino per breve periodo in botti di dimensioni, caratteristiche e materiali differenti come acciaio, cemento o legno.
Il Gutturnio Riserva deve invece per disciplinare essere affinato per almeno sei mesi in legno e non può essere commercializzato prima del ventiquattresimo mese successivo alla vendemmia.
Gutturnio: caratteristiche organolettiche
Nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso, è stato condotto uno studio di caratterizzazione del Gutturnio coinvolgendo anche l’Istituto sperimentale per l’enologia di Asti, la Provincia di Piacenza, il Consorzio di tutela e valorizzazione dei vini doc “Colli Piacentini”, una cinquantina di cantine dislocate sul territorio di produzione e numerosi tecnici, enologi e produttori che hanno costituito il panel per le degustazioni. I risultati sono stati presentati per la prima volta a Conegliano nel settembre 2000.
Dalla ricerca è emerso come il Gutturnio sia un vino importante e complesso, ricco di note odorose particolari che spaziano dal floreale al fruttato sino a sentori speziati e di caramello con note vegetali e di frutta secca. Dal punto di vista gustativo emergono le caratteristiche legate alla struttura, in particolare con la componente acida e tannica, correlate agli alti livelli di estratto e di polifenoli, che determinano astringenze decise ma non eccessive, donando al Gutturnio i connotati di un vino corposo e di lunga persistenza gusto-olfattiva.
Gutturnio: abbinamenti
Gli abbinamenti differiscono in funzione delle tipologie. Per il Gutturnio frizzante si prediligono i salumi (e in modo particolare quelli piacentini DOP: salame, coppa e pancetta) i formaggi, i primi piatti della tradizione piacentina come i Pisarei e Fasò, ma anche altre specialità lombarde come la milanese Cassoeula. Ottimo in abbinamento anche con carni bianche e rosse. Per il Gutturnio Superiore ed il Gutturnio Riserva si preferiscono bolliti, brasati, carni alla griglia e piatti della tradizione locale come le Tagliatelle con salsa di noci, l’arrosto di vitello alla Farnese o la coppa piacentina arrosto.
Temperatura di servizio del Gutturnio
La temperatura di servizio del vino Gutturnio cambia a seconda della tipologia.
Nel caso del Gutturnio frizzante la temperatura di degustazione è di 10-12 gradi. Eventualmente in estate, come per altri vini frizzanti come ad esempio il Lambrusco, il Gutturnio Frizzante può essere servito fresco a temperature più basse tra i 6 e gli 8 gradi.
Il Gutturnio Superiore ed il Gutturnio Riserva vanno invece degustati ad una temperatura di servizio ricompresa tra i 16 ed i 18 gradi.
Effetti benefici
Il resveratrolo
Tra i più noti principi attivi identificati nel vino il resveratrolo è un antiossidante presente soprattutto nel vino rosso, e quindi anche nel Gutturnio in tutte le sue tipologie, che ha la capacità di migliorare l’efficienza cellulare favorendo la longevità.
Anche la pubblicazione di un importante studio realizzato nel 1995 a Copenhagen, noto anche come “studio danese”, ha dimostrato che il rischio di morire si abbassa fra chi consuma vino con moderazione, rispetto agli astemi e ai forti bevitori.
I polifenoli
L’importante presenza nel vino Gutturnio dei polifenoli, dotati di significativa capacità antiossidante, costituisce un’importante barriera di difesa nei confronti dei danni cardiovascolari. I vantaggi si traducono innanzitutto in un minor rischio di malattia delle coronarie e d’infarto cardiaco.
A questo risultato benefico partecipa anche l’aumento della produzione di ossido nitrico osservata in chi beve abitualmente vino. L’ossido nitrico riduce l’aggregazione delle piastrine, rendendo difficile la formazione di trombi e l’occlusione delle arterie.
Qual’è la giusta dose di vino volta a garantire gli effetti benefici sopra menzionati? I ricercatori impegnati in questi studi hanno identificato in due bicchieri al giorno la quantità ottimale per la popolazione di sesso maschile e in un bicchiere al giorno la quantità ottimale per la popolazione di sesso femminile.
Fonti: La verità sul vino: come, quando, perché il Vino fa bene; di Attilio Giacosa e Mariangela Rondanelli; Go Wine editore; 2008
Festival e sagre
Il territorio piacentino è ricco di storia, arte e magnifici paesaggi, ma anche di iniziative enogastronomiche come sagre e feste dove il Gutturnio in tutte le sue tipologie gioca un ruolo da protagonista grazie ai suoi eclettici e sfiziosi abbinamenti. Di seguito un elenco delle più famose:
Gutturnio Festival
Il Gutturnio Festival nasce nel 2006 nel Comune di Carpaneto, nell’ambito della festa di primavera di domenica 30 aprile e lunedì’ primo maggio.
Negli anni successivi la manifestazione ha acquisito un crescente successo, ed i tavoli d’assaggio allestiti all’interno del castello Douglas Scotti da Vigoleno, sede comunale di Carpaneto, sono diventati meta abituale di bongustai ed amanti del più noto e consumato vino piacentino, il Gutturnio appunto, in tutte le sue versioni.
Dal 2013 la manifestazione si svolge nel mese di ottobre a Piacenza nel prestigioso Palazzo Gotico in centro città, ottenendo ulteriori apprezzamenti da parte di pubblico e critica.
Val Tidone Wine Fest è organizzato a Borgonovo Val Tidone, Ziano Piacentino, Pianello Val Tidone e Nibbiano, ogni anno in settembre
Festa del cotechino a Pianello Val Tidone in agosto
Festa della Coppa Piacentina dop a Carpaneto Piacentino in settembre.
Fiera della Pancetta Piacentina a Ponte dell’Olio a fine aprile inizio maggio
Festa dello Gnocco Fritto presso la Trattoria Moretta di Borgonovo Val Tidone in Luglio.
GutLonga a Carpaneto Piacentino, organizzato lungo le vie del paese per celebrare il Gutturnio, su iniziativa della Confcommercio e con il patrocinio del Comune e del Consorzio vini doc Colli Piacentini.
Personaggi famosi legati al Gutturnio ed ai vini piacentini
Cicerone durante un intervento in Senato apostrofava il suo collega piacentino Pisone (suocero di Giulio Cesare) accusandolo di bere calici troppo grandi di vino di Piacenza
Licino Sestulo scriveva che il vino schietto di Piacenza aiuta a rasserenare lo spirito.
Plinio inseriva tra i più noti ottanta vini italici in epoca romana un vino di Piacenza che si poteva gustare nei banchetti celebrati a Veleia.
Da documenti storici certi, sappiamo che alla fine del duecento, un vino prodotto sui colli di Piacenza veniva esportato in Francia
Beveva vini piacentini anche Papa Paolo III Farnese, come scrive in una sua memoria il dispensiere pontificio Sante Lancerio.
Ludovico il Moro regalò a Leonardo da Vinci un vigneto di Malvasia di candia aromatica piacentina.
Apprezzava i vini dei Colli Piacentini anche il geniale Michelangelo, che si faceva rifornire dal piacentino Giovanni Durante.
Il generale conte Felice Gazzola donò alcuni vini di Piacenza al Re di Spagna Carlo III che entusiasta li giudicò vini eccellenti.
A rifornire il re di Spagna Filippo V ci pensava il suo primo ministro, il piacentino cardinale Giulio Alberoni.
I vini di Piacenza erano di casa anche alla mensa di Napoleone che li faceva giungere in Francia insieme con formaggi e salumi piacentini.
Carlo III Borbone duca di Parma, ordinava il vino a Piacenza per il suo consumo personale e non solo.
Un vino rosso piacentino figurava già nel 1869 in un ristretto gruppo della migliore produzione enologica italiana e rientrava fra quelli esposti in Svizzera e Francia nel 1872.
Giuseppe Verdi era solito dare in dono ai suoi amici di Milano ottimi e apprezzati vini piacentini.
Mentre Giacomo Puccini amava degustare spesso i vini piacentini che gli portava il suo amico e poeta piacentino Luigi Illica, librettista di tanti suoi capolavori.
Nel 2017 il candidato a Sindaco di Piacenza Stefano Torre ha conquistato il 4,28% dei voti alle elezioni comunali proponendo la costruzione di un vinodotto per la distribuzione del vino gutturnio nelle case dei piacentini direttamente dal rubinetto, e rifornendosi dalle cantine di Ziano e delle altre colline piacentine.
Il Gutturnio e l’arte: letteratura, musica e pittura
Il vino Gutturnio ricopre un ruolo di tutto rispetto anche nella produzione artistica contemporanea. Sono numerosi, infatti, gli artisti che si sono ispirati al Principe dei vini piacentini per la produzione delle proprie opere, scrivendo libri sul Gutturnio, brani musicali, dipinti ed altre meraviglie.
Tra gli scrittori che parlano di Gutturnio possiamo citare l’ingegnere Stefano Lodi, autore di diverse raccolte di racconti, che ha dedicato due scritti rispettivamente alla Malvasia ed appunto al Gutturnio. Indimenticabile anche il libro di Umberto Fava dal titolo evocativo: Se il Po fosse Gutturnio. Pubblicato dalle Edizioni Scritture di Piacenza è il libro Doppio Gioco che contiene due racconti dove il Gutturnio è spesso citato: Quella vigna profuma di donna, ancora di Umberto Fava e Gli spiriti del vino di Maurizio Rossi, esponente piacentino della corrente letteraria del realismo magico. Infine si conquista una menzione tra gli autori che scrivono di Gutturnio anche il misterioso blogger Anonimo Piacentino che in quasi tutti i suoi truci racconti riserva un posto d’onore ai vini piacentini, ed in particolare, ovviamente, anche al Gutturnio.
Nel campo musicale salgono agli onori della cronaca Titti Bianchi che nel suo Album Cuore Vagabondo ha inserito l’irresistibile valzer Gutturnio ed E. Molinelli che per le Edizioni Musicali Astronave ha pubblicato un altro valzer che porta il nome del più importante vino piacentino.
Protagonista indiscussa della pittura è invece la piacentina Maurizia Gentili che da anni realizza opere straordinarie utilizzando il Gutturnio ed altri vini per dipingere i suoi ormai famosi vinarelli. Maurizia ha esposto le sue creazioni un po’ in tutto il mondo: dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna all’Austria. Tante anche le mostre in Italia, ma sono le manifestazioni enogastronomiche dove emerge maggiormente la sua arte, come al Vinitaly e in altre fiere di settore.
Altre curiosità sul Gutturnio
Nel 2017 le Cantine Bonelli di Rivergaro lanciano sul mercato la linea dei “vini imbruttiti” realizzati in collaborazione con il famoso blog Il Milanese Imbruttito. Due i vini piacentini dedicati: il Gutturnio Superiore “Oh, mi stai asciugando!” e l’Ortrugo dei Colli Piacentini “Mollami!”
Nella primavera del 2017, durante la Fiera della Pancetta di Ponte dell’ Olio in Val Nure, l’associazione PontEventi ha presentato le carte da gioco pontolliesi dove i classici semi di coppe, spade, denari e bastoni sono stati sostituiti dai più goderecci Coppa, Pancetta, Salame e Gutturnio. Queste innovative carte da gioco si possono trovare nei bar di Ponte dell’Olio e presso i migliori salumifici piacentini.
Per la realizzazione del Bargnolino, tipico liquore dall’alta gradazione alcolica dell’Appennino tosco-emiliano, secondo la tradizionale ricetta piacentina, servono i seguenti ingredienti: un chilo di prugnoli, 300 grammi di zucchero, tre bicchieri di Gutturnio superiore, un litro di alcool 90 gradi, una stecca di vaniglia.
Intervistata dal quotidiano Il Resto del Carlino, il 15 marzo 2015 la nota cantante di origine piacentina Nina Zilli, si è paragonata ad un vino della sua terra: il Gutturnio.
La Fitocose srl, laboratorio di cosmesi vegetale ubicato in Cusago (MI) produce e commercializza un Vinodoccia al Gutturnio per la pulizia quotidiana dei capelli e della pelle del corpo. Il prodotto è a base di vino rosso Gutturnio prodotto da uve biologiche ed è disponibile in due formati: 250ml e 500ml.
Nel luglio 2017, intervistato da Michele Bertuzzo per Sommelier Veneto, Andrea Scanzi ha paragonato il navigato politico piacentino Pierluigi Bersani al Gutturnio “un vino schietto, che sai che è genuino”
Quanto costa il Gutturnio?
Determinare un prezzo per il Gutturnio non è semplice. Il costo medio può essere ricompreso in una forbice molto ampia e le variabili da tenere in considerazione sono moltissime.
La prima caratteristica da prendere in esame è la tipologia: frizzante, fermo superiore o riserva, dove in linea di massima saranno i frizzanti a risultare tra i più economici e le riserve tra i più costosi.
Altri fattori molto significativi sono il tipo di vinificazione e le successive lavorazioni, gli eventuali invecchiamenti, l’uso dei legni e delle tecnologie di cantina. Alcuni Gutturnio naturali con rifermentazione in bottiglia ad esempio, pur appartenendo alla tipologia frizzante, possono raggiungere o superare il prezzo di un Gutturnio Superiore e talvolta anche quello di una riserva di quelle più commerciali.
Il produttore, la sua storia, le sue caratteristiche, sono altri elementi discriminanti. Le grandi cantine, producendo milioni di bottiglie, escono sul mercato con prodotti a prezzi più contenuti, mentre il costo di una bottiglia di un piccolo produttore artigianale risulterà maggiore, come del resto anche la qualità dei suoi vini.
Un ulteriore fattore di costo è dato dai canali di vendita. Ad esempio enoteche, ristoranti o grande distribuzione organizzata rispondono a logiche commerciali differenti ed offrono servizi diversificati. In un contesto di virtuoso pluralismo distributivo, queste variabili possono incidere sensibilmente sul prezzo finale di vendita.
Qual’è il Gutturnio migliore?
Frizzante, fermo superiore o riserva, non è solo questione di gusti. Forse possono aiutare i consigli degli esperti, le recensioni delle guide enologiche, o i pareri degli influencer sul web.
A fare la differenza, quando si sceglie la miglior bottiglia di Gutturnio, sono le caratteristiche del vino, la storia della Cantina, gli abbinamenti con le ricette che si vogliono preparare.
Per tutti questi motivi, ogni occasione è buona per bere un Gutturnio del Podere Casale linea del Marchesato, il nostro miglior Gutturnio artigianale, disponibile in cantina o a domicilio nelle tre rinomate versioni e con il miglior rapporto qualità prezzo:
- Gutturnio frizzante etichetta nera
Serafino Maggi ed Annamaria Carini riportano la storia della ANFORA GUTTURNIUN partendo da un presupposto completamente sbagliato: il piccolo
aryballo non è stato trovato nel territorio piacentino ma è stato pescato da un pescatore durante una piena del grande fiume, il PO.. Il ritrovamento sembra
avvenuto sulla sponda piacentina del po: l’oggetto non è stato quindi DISSEPOLTO per renderlo “nostro”, ma trasportato dalla corrente del grande fiume e
poi CASUALMENTE pescato.. Il BOLLETTINO DEGLI INTERESSI CREMONESI precisa :: “E’ UN ARYBALLO REGALATO DALLA CORRENTE DEL PO AI CREMONESI ..
PESCATO NELLA GROSSA CORRENTE… RAPINATO DAL PO NON SI SA DIETRO QUALI ROVINE E DAL PO GENEROSAMENTE UNCINATO DALLA RETE D UN PESCATORE”
Nulla a che vedere con l’ANFORA gUTTUrNIUM DI VELEIA
dott. Giovanni Battista Vecchia, autore della “Monografia Vitivinicola della provincia di Piacenza”, di “VITE E VINO A VELEIA”, di “GUTTURNIUM VINO SANGUE”
Annamaria Carini, sul “Bollettino storico piacentino” fascicolo 1° Gennaio-Giugno 2016, sostiene la tesi del ritrovamento nelle acque del Po sulla sponda piacentina, nei pressi di Croce Santo Spirito, ad opera di un pescatore.
Annamaria Carini sostiene che il piccolo “aryballo” e stato “pescato”nelle acque del Po : Quindi non è stato “dissepolto”nel nostro territorio ma come ribadisce il “Bollettino degli interessi Cremonesi” è “un aryballo regalato dalla corrente del Po”
Annamaria Carini qui8ndi commette un abbaglio, un grave abbaglio dal momento che non ha verificato la provenienza dell’anfora che lei stessa sostene esserel’anfora Gutturnim.